25 gennaio 2006
il paese del pressappoco
Abitudini insopportabili: numeri dati a casaccio, abuso di parole straniere
Non dico il nome perchè l'autore mi è simpatico e poi perchè mi interessa l'atto più del perpetratore. Parlo di un giovane scrittore di talento che in una breve intervista radiofonica ha pronunciato una ventina di volte la frase "in qualche modo". Locuzione che si è diffusa come la spagnola nel discorso pubblico italiano, tanto da far sospettare che venga sospinta da una forza antropologica latente.
Prendo le mosse da uno scrittore proprio per esemplificare con qualcuno che ha una buona padronanza del linguaggio e anche per avanzare intanto l'ipotesi che "in qualche modo" sia una interiezione dei settori più colti del discorso pubblico. Una riprova della sua origine profonda e, oserei dire, subconscia e che si tratta di un modo di dire esclusivo della lingua parlata. Scappa dalla bocca ma, nero su bianco, palesa la sua inconsistenza e poi, vista la frequenza con cui viene usato, sarebbe comunque spietatamente cassato dai correttori di stile di qualsiasi word processor.
Non mi pare però una interiezione di sinistra, anche se se ne può cogliere una versione leftish che suona più o meno cosi: "In qualche modo, no?". E forse è una lontana parente del vecchio "nella misura in cui" della marxologia assembleare. Essendo interiezione colta non è neppure come "valido", "paventare", "piuttosto che", per non parlare degli orrendi vision, mission, target, welfare, devolution, question day, concept, oppure "acellerare" o "efferrato", tutte affettazioni tipiche del linguaggio politico e pubblicitario low brow.
No: qui abbiamo a che fare con qualcosa di più profondo, un certain état de l'âme collective, che esprime un'incertezza radicata nello spirito del tempo di questi anni, sospesi tra una modernizzazione strombazzata e la restaurazione praticata. Per capire in qual modo il "qualche modo" si sia insinuato nel nostro linguaggio dobbiamo scavare ancora.
In parte, almeno, mi sembra una cautela preventiva che rappresenta una difesa contro le aggressioni statistiche. Siamo capitati in un mondo in cui si puo senza smentita scrivere di un ministro (di nuovo non importa quale) che "sostiene che gli elefanti volano e ogni tanto snocciola qualche dato sulla velocity di decollo" e in cui è diventata pratica comune buttare lì qualche numero, tanto per dare l'idea di essere bene informati.
È rimasta famosa la battuta di Gianni Agnelli che, al giornalista che chiedeva come andasse la Fiat, rispondeva con la abituale nonchalance: "Fuardi, siamo al 40 per cento". Quaranta per cento di che cosa non si sapeva, ma intanto faceva una buona impressione. Quando un ministro dice che nel suo dicastero i fondi sono aumentati del 13%, senza dire in che periodo e senza che poi la cifra abbia senso alcuno rispetto alla realtà, l'interlocutore ha solo due possibilità. O spara un'altra cifra, ma poi tutto va a finire che chi segue perde il filo, perchè queste dispute statistiche sono usuali e ormai nessuno crede più a numeri maneggiati in modo tanto approssimativo. Oppure si difende ampliando I'approssimazione.
"In qualche modo" non puo essere attaccato con le cifre e diventa così il calcio in corner del discorso. In tal modo in qualche modo ti salva sempre, preventivamente. È un poco come il presunto che viene ormai preposto ad abundantiam a qualsiasi considerazione anche fattuale. Tutti sanno che si deve sempre dire il "presunto omicida", anche se I'immagine mostra Maramaldo che ficca la daga nella giugulare di Francesco Ferrucci. Così per abitudine si mette "presunto" da tutte le parti, non si sa mai. Ho sentito dire "la presunta bomba nella metropolitana" quando ormai era chiaro da ore che non era scoppiato il boiler del gabinetto della stazione. Oppure la "presunta quattordicenne stuprata", non si sa mai che salti poi fuori che si trattava di una professionista trentenne al lavoro. In qualche modo cerco di difendermi.
Ma perchè occorre difendersi? Perchè i modi sono diventati molti e non c'è mai quello giusto. Parlo con un amico architetto che lavora anche in altri Paesi dove il "qualche modo" non esiste perche c'è un modo solo per fare le cose, quello giusto. Gli altri sono sbagliati. Nel nostro Paese il modo giusto non c'è mai, nessuno to lo può garantire. Esiste la firma, certo, ci sono milioni di firme con le quali si cerca nel modo peggiore di rimediare a un'incertezza strutturale.
E così mentre nei Paesi in cui il vivere civile è regolato da pratiche che facilitano la vita e c'è un modo solo per fare la coda, mettersi in asse con la nuca di chi ci precede, da noi quella è l'unica posizione che viene evitata accuratamente perchè non si sa mai, si può scivolare in avanti. Sulle autostrade meglio stare a cavallo delle righe invece che nel centro della corsia. Non si sa mai: come deduciamo dalle affermazioni dei protagonisti dell'ultimo giro di mariolerie, mai fidarsi. Siamo diventati un "Paese in qualche modo". Però chi deve investire da noi o su di noi vuole un solo modo: quello giusto.
fonte/autore: Guido Martinotti, Il Sole 24 ORE del 27-12-2005
Non dico il nome perchè l'autore mi è simpatico e poi perchè mi interessa l'atto più del perpetratore. Parlo di un giovane scrittore di talento che in una breve intervista radiofonica ha pronunciato una ventina di volte la frase "in qualche modo". Locuzione che si è diffusa come la spagnola nel discorso pubblico italiano, tanto da far sospettare che venga sospinta da una forza antropologica latente.
Prendo le mosse da uno scrittore proprio per esemplificare con qualcuno che ha una buona padronanza del linguaggio e anche per avanzare intanto l'ipotesi che "in qualche modo" sia una interiezione dei settori più colti del discorso pubblico. Una riprova della sua origine profonda e, oserei dire, subconscia e che si tratta di un modo di dire esclusivo della lingua parlata. Scappa dalla bocca ma, nero su bianco, palesa la sua inconsistenza e poi, vista la frequenza con cui viene usato, sarebbe comunque spietatamente cassato dai correttori di stile di qualsiasi word processor.
Non mi pare però una interiezione di sinistra, anche se se ne può cogliere una versione leftish che suona più o meno cosi: "In qualche modo, no?". E forse è una lontana parente del vecchio "nella misura in cui" della marxologia assembleare. Essendo interiezione colta non è neppure come "valido", "paventare", "piuttosto che", per non parlare degli orrendi vision, mission, target, welfare, devolution, question day, concept, oppure "acellerare" o "efferrato", tutte affettazioni tipiche del linguaggio politico e pubblicitario low brow.
No: qui abbiamo a che fare con qualcosa di più profondo, un certain état de l'âme collective, che esprime un'incertezza radicata nello spirito del tempo di questi anni, sospesi tra una modernizzazione strombazzata e la restaurazione praticata. Per capire in qual modo il "qualche modo" si sia insinuato nel nostro linguaggio dobbiamo scavare ancora.
In parte, almeno, mi sembra una cautela preventiva che rappresenta una difesa contro le aggressioni statistiche. Siamo capitati in un mondo in cui si puo senza smentita scrivere di un ministro (di nuovo non importa quale) che "sostiene che gli elefanti volano e ogni tanto snocciola qualche dato sulla velocity di decollo" e in cui è diventata pratica comune buttare lì qualche numero, tanto per dare l'idea di essere bene informati.
È rimasta famosa la battuta di Gianni Agnelli che, al giornalista che chiedeva come andasse la Fiat, rispondeva con la abituale nonchalance: "Fuardi, siamo al 40 per cento". Quaranta per cento di che cosa non si sapeva, ma intanto faceva una buona impressione. Quando un ministro dice che nel suo dicastero i fondi sono aumentati del 13%, senza dire in che periodo e senza che poi la cifra abbia senso alcuno rispetto alla realtà, l'interlocutore ha solo due possibilità. O spara un'altra cifra, ma poi tutto va a finire che chi segue perde il filo, perchè queste dispute statistiche sono usuali e ormai nessuno crede più a numeri maneggiati in modo tanto approssimativo. Oppure si difende ampliando I'approssimazione.
"In qualche modo" non puo essere attaccato con le cifre e diventa così il calcio in corner del discorso. In tal modo in qualche modo ti salva sempre, preventivamente. È un poco come il presunto che viene ormai preposto ad abundantiam a qualsiasi considerazione anche fattuale. Tutti sanno che si deve sempre dire il "presunto omicida", anche se I'immagine mostra Maramaldo che ficca la daga nella giugulare di Francesco Ferrucci. Così per abitudine si mette "presunto" da tutte le parti, non si sa mai. Ho sentito dire "la presunta bomba nella metropolitana" quando ormai era chiaro da ore che non era scoppiato il boiler del gabinetto della stazione. Oppure la "presunta quattordicenne stuprata", non si sa mai che salti poi fuori che si trattava di una professionista trentenne al lavoro. In qualche modo cerco di difendermi.
Ma perchè occorre difendersi? Perchè i modi sono diventati molti e non c'è mai quello giusto. Parlo con un amico architetto che lavora anche in altri Paesi dove il "qualche modo" non esiste perche c'è un modo solo per fare le cose, quello giusto. Gli altri sono sbagliati. Nel nostro Paese il modo giusto non c'è mai, nessuno to lo può garantire. Esiste la firma, certo, ci sono milioni di firme con le quali si cerca nel modo peggiore di rimediare a un'incertezza strutturale.
E così mentre nei Paesi in cui il vivere civile è regolato da pratiche che facilitano la vita e c'è un modo solo per fare la coda, mettersi in asse con la nuca di chi ci precede, da noi quella è l'unica posizione che viene evitata accuratamente perchè non si sa mai, si può scivolare in avanti. Sulle autostrade meglio stare a cavallo delle righe invece che nel centro della corsia. Non si sa mai: come deduciamo dalle affermazioni dei protagonisti dell'ultimo giro di mariolerie, mai fidarsi. Siamo diventati un "Paese in qualche modo". Però chi deve investire da noi o su di noi vuole un solo modo: quello giusto.
fonte/autore: Guido Martinotti, Il Sole 24 ORE del 27-12-2005
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